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AAA voglia di studiare CERCASI

Psicologo Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Dott. Fabio Nonis
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AAA voglia di studiare CERCASI

Dott. Fabio Nonis Psicologo in Roma
Pubblicato da Fabio Nonis in Approfondimenti · 12 Settembre 2021
AAA Voglia di fare i compiti CERCASI!
 
Motivazione e metodo di studio negli adolescenti                                                                                     

a cura del Dott. Fabio Nonis
 

Marco hai fatto i compiti?” – “No mamma, li faccio dopo!”

E questo “dopo” rappresenta una dimensione temporale incomprensibile, un tempo astratto dove si trovano tutti quegli esercizi mai svolti perché “tanto la prof non li chiede”, o perché “la prof mi ha già interrogato”.

In adolescenza, lo studio è frequentemente considerato come un “nemico” che, occupando buona parte del tempo dei ragazzi, limita i momenti di divertimento e di condivisione con gli amici.

Dal loro punto di vista adolescenziale, il tempo per studiare c’è sempre, mentre quello per divertirsi va vissuto all’istante perché non torna più.

Questa illusione giovanile è dovuta al fatto che in questa età i pensieri, le emozioni e le azioni sono rivolte principalmente all’altro, finendo a volte per trascurare sé stessi.

Tuttavia ora che le aule sono chiuse e che i rapporti abituali con i compagni sono ridotti a interazioni virtuali, i ragazzi rischiano di perdere la motivazione necessaria per portare a termine i loro obiettivi, in quanto la parte “noiosa” (didattica) non è intervallata dall’aspetto “amicale”, dalla componente goliardica e rilassante che esiste in un contesto sociale ristretto quale può essere una classe e, nel contesto più generale, una scuola.

Peraltro, se la scuola ha il compito di educare i ragazzi e di allenarli all’impegno e alla fatica, al momento attuale tale onere ricade maggiormente sui genitori che, trascorrendo più ore con i propri figli, acquisiscono la consapevolezza delle difficoltà esistenti nell’educarli all’autogestione, trovandosi a volte costretti a far ricorso a “minacce”, “ricatti” e rimproveri per spronarli a mettersi sui libri, non potendo garantire loro una “compagnia” adeguata alle loro esigenze di raffronto, confronto e competitività che si innescano tra coetanei.

Per prima cosa, per i genitori è importante comprendere la situazione per questi ragazzi che, seppur abili nell’utilizzo di piattaforme e dispositivi tecnologici, vivono come i componenti adulti della famiglia un periodo di forte tensione emotiva, un disequilibrio psicologico che li porta ad avere una soglia di attenzione più bassa e un aumento dell’affaticabilità.

Si deve considerare che tale situazione genera una mancanza di riferimenti importanti che da sempre sono intrinseci alla scuola, quali i tempi scanditi dalla campanella, i compagni che rappresentano la naturale possibilità di confronto, o il feedback immediato dell’insegnante sulla comprensione e sull’apprendimento.

Apprendimento e motivazione sono due funzioni connesse nell’essere umano. Se per apprendimento indichiamo l’insieme di quei processi di acquisizione e modifica delle conoscenze, la motivazione è quel processo attivo che permette di guidare il nostro comportamento per raggiungere un obiettivo.

C’è un aspetto fondamentale però da tener presente quando si parla di motivazione.

La motivazione può essere esterna, quando una persona si impegna in un’attività per scopi che sono estrinseci all’attività stessa (ricevere lodi, un buon voto, un riconoscimento, un premio), o interna, quando il soggetto è determinato nello svolgere l’attività da stimoli intrinseci, quali la soddisfazione nel sentirsi più competente, o nel riuscire in qualcosa che sembrava un tempo molto complicato.

Aiutare i ragazzi a trovare la motivazione interna per svolgere i propri doveri, equivale a coltivare la loro autostima e il loro senso di efficacia, alimentando una sana competitività.

Occorre evitate di trasmettere il messaggio che la scuola è un dovere o un obbligo: anche se ciò in parte è vero, questa visione delle cose contribuisce a rendere lo studio e la scuola meno appetibili mentre è opportuno enfatizzare le opportunità dell’apprendimento, intendendo con ciò una sorta di training sul “come si sta al mondo”, sulle difficoltà che si dovranno affrontare e superare nell’età adulta, e su come, tramite l’impegno ed il lavoro si possano raggiungere i propri obiettivi, soddisfare le ambizioni e, possibilmente, realizzare i  propri sogni.

Ciò premesso, è opportuno supportare i ragazzi e supervisionare il loro operato, ma non sostituendosi a loro nelle attività didattiche, ponendo attenzione a valorizzare l’impegno senza giudicare severamente il risultato: sbagliare un esercizio può diventare la prima fase dell’apprendimento, per cui è opportuno supportare positivamente i ragazzi, anche facendo ricorso alle esperienze scolastiche negative dei genitori stessi,  a testimonianza che spesso la strada del successo è costellata da piccoli fallimenti!

Apprezzando l’impegno e la buona volontà, anche se a volte non si conseguono risultati eccellenti, e ponendogli delle domande che siano mirate ad accrescere il suo senso critico, si può stimolare il ragazzo a riflettere sulle proprie potenzialità e sulle proprie lacune (es. “Cosa puoi fare per superare questa difficoltà?”, “Qual è la parte più interessante di questo argomento?”, “Come fai a capire che sei preparato sulla lezione?”, “Che applicazione pratica puoi trovare a quanto studiato?”).

Un atteggiamento di tale tipo, ovviamente, se supportato da un sereno senso di autocritica da parte dei genitori, favorisce un tipo di complicità diversa nel rapporto genitori/figli che può sfociare in una temporanea inversione dei ruoli ove l’adolescente può “dire la sua” e riscontrare negli adulti l’apprezzamento e/o la critica rispetto alla visione delle cose e, in particolare, dell’attuale situazione di distanziamento sociale.

Adesso mi rivolgo invece ai ragazzi, consapevole che l’attuale situazione, essendo improvvisamente venuti meno i riferimenti e le certezze quotidiane, ha infranto le abitudini cristallizzate che rappresentano il filo conduttore della quotidianità e che scandiscono il tempo di voi adolescenti.

Non molti anni fa, quando la realtà virtuale non esisteva o, perlomeno, non era così largamente diffusa, gli adolescenti trovavano evasione agli impegni scolastici sognando tutte le cose belle e piacevoli che si potevano realizzare nei momenti liberi, nei fine settimana e, perché no, durante le vacanze estive, periodo che nei mesi passati sui libri, apparivano a volte un miraggio.

Ma questi sogni, questa libertà di poter disporre del proprio tempo, seppur per periodi limitati, rappresentava il motore che rendeva possibile affrontare i sacrifici dello studio, la forzata rinuncia al divertimento in vista di un traguardo ambito…disporre di tempo per gratificare la voglia di socializzare, condividere, sperimentare che alberga in ognuno di noi.

Ed è questa la molla che induce a provare, impegnarsi, cadere e rialzarsi ma comunque riuscire a superare qualsiasi prova pur di ottenere ciò che più si desidera.

Provate a ricordare la prima volta che siete saliti su una bicicletta, accompagnati dal papà o dalla mamma.

Quanto era difficile girare il manubrio e poi frenare: prima con i piedi in terra poi piano piano con le leve dei freni.

E poi l’equilibrio, altro passo enorme da compiere una volta tolte le rotelle: ma non tutte e due, prima una e poi l’altra.

Ed eccola, la prima caduta, il gomito sbucciato mentre si cerca con gli occhi il genitore e si decide in un attimo se piangere oppure no, cercando un sorriso che faccia dimenticare l’insuccesso e dia la forza di riprovare ancora e ancora, fino a che non si percorrono pochi metri.

E ci si ferma, frenando con dolcezza e cercando lo sguardo del genitore, orgogliosi e bisognosi di un sorriso e di uno sguardo di approvazione.

Così come quando per la prima volta avete messo ai piedi gli sci.

Probabilmente vi torneranno in mente la fatica o la vostra espressione quando siete caduti davanti a tutti.

Ora pensatevi oggi, mentre trascorrete un weekend sulla neve. Sicuramente molti di voi voleranno con la fantasia verso piste impegnative, scendendo veloci su percorsi innevati.

Cosa è cambiato dalla prima volta? L’esperienza, certo, ma non solo!

Probabilmente in questi anni avrete preso qualche lezione, avrete scelto l’abbigliamento adeguato e l’attrezzatura più giusta per voi, ma soprattutto avrete scoperto il vostro stile unico di sciare!

E, sicuramente, andare in bicicletta appare oggi la cosa più facile del mondo!  

So che può sembrare azzardato paragonare gli impegni scolastici all’andare in bicicletta o ad una settimana bianca, ma voglio provarci.

Per imparare a sciare o per qualsiasi altro sport o attività, gli istruttori o i vostri genitori vi avranno fornito le prime indicazioni, così come i maestri, i professori e i vostri stessi genitori hanno fatto durante tutti questi anni scolastici.

I trofei e le medaglie sulla mensola della cameretta saranno stati il frutto di tanto impegno e di precoci risvegli mattutini, così come quell’inaspettato bel voto in matematica è stato il risultato del vostro sacrificio e delle ore piccole passate su quel problema che sembrava davvero impossibile!

Quella caduta nella pista che ti avevano sconsigliato di fare o le ginocchia ed i gomiti sbucciati per le cadute in bicicletta possono essere paragonati invece a quelle interrogazioni sostenute con una preparazione approssimativa.

Ma se dopo le prime cadute non aveste insistito nel provare e riprovare, oggi non sapreste pedalare o sciare, per cui questo dimostra che gli errori sono parte del percorso di crescita e di affinamento delle proprie capacità.

Le curve stette, lo slalom, la posizione delle gambe, il tipo di sci utilizzato…oggi questo rappresenta il vostro stile, frutto di tentativi e fallimenti e poi successi, costruito su misura per voi in base alle vostre caratteristiche e alle vostre attitudini: così dovrebbe essere il vostro metodo di studio!

Premetto che avendo più tempio a disposizione non occorre dedicare più tempo del solito allo studio: l’importanza di avere un metodo di studio efficace e personale, consiste nel ridurre la fatica massimizzando il risultato.

L’obiettivo di questo articolo è di darvi delle indicazioni da seguire per trovare il vostro personale metodo di studio e per facilitare lo svolgimento dei compiti a casa, alternandolo a pause di riposo, così come si fa normalmente quando si fanno sessioni di allenamento sportivo: così come dopo una serie di esercizi si fa una pausa per defaticare i muscoli, anche in questa attività è opportuno programmare delle fasi di rilassamento, con metodo e con sistematicità, ponendosi obiettivi raggiungibili.

Per cui, organizziamoci al meglio, seguendo uno schema elementare ma funzionale.


CONTESTO:

Individuate la stanza e la postazione adeguata per fare i compiti.

Avete bisogno di silenzio e di una buona illuminazione.

Prima di iniziare prendete un bel respiro e liberate la mente.
Poi disponete sul tavolo tutto ciò che potrà servire.

PIANIFICAZIONE:

Stampate l’orario delle lezioni e mettetelo in un posto ben visibile.

Scrivete una lista dei compiti e delle attività da svolgere e suddividetele in una griglia come quella sottostante (Matrice di Eisenhower).

Questo vi permetterà di individuare le priorità, ritardando o delegando le attività non necessarie.


        

                      
 GESTIONE DEL TEMPO:

Ricordate che la fretta è una cattiva consigliera.

Non riducetevi all’ultimo momento, ma ipotizzate il tempo necessario per svolgere l’attività o l’esercizio.

Siate onesti e scegliete quella parte della giornata in cui siete più produttivi per svolgere i compiti, studiare e “staccarvi” da altre attività che vi indurrebbero ad allungare l’impegno.

Tecnica del pomodoro:

§  Scrivete il vostro obiettivo e suddividetelo in sotto-obiettivi.

§  Impostate il timer a 25 minuti (un pomodoro) cercando di raggiungere il primo sotto-obiettivo prima che suoni la sveglia.

§  Fate una spunta vicino all’obiettivo che avete raggiunto.

§  Prendetevi 5 minuti di pausa ogni pomodoro (25 minuti), poi ripartite.

§  Fate una pausa più lunga (anche di un’ora) ogni 4 pomodori.



ATTENUARE LE DISTRAZIONI:

Vi conoscete. Sapete che avere il telefono vicino può essere controproducente.

Approfittatene per metterlo in carica, mettete la modalità silenziosa o spegnetelo.

Negatevi! Imparate a dire di no anche se per conversazioni di breve durata.

Non siate disponibili a interruzioni: le telefonate alle quali non risponderete le farete alla fine del lavoro: appuntate i nomi di chi vi ha chiamato su una lista che potrete compilare ed aggiornare durante i 5 minuti di pausa programmata.

Così facendo dopo quattro pomodori avrete un’ora di tempi da dedicare a voi e a chi vi ha cercato.

Evitate di studiare con la musica, state chiedendo al vostro cervello uno sforzo maggiore.

Cercate di bloccare i pensieri pessimistici (“è troppo difficile!”, “non ci riuscirò mai!”) che possono rovinare il lavoro e interferiscono con lo studio, il ricordo e la memorizzazione di ciò che si sta facendo.



ALTRE PICCOLE RACCOMANDAZIONI:

Utilizzate un evidenziatore (utilizzate un solo colore) per evidenziare i termini fondamentali, non intere frasi.

Costruite poi una mappa con i termini individuati ed esercitatevi nel costruire un discorso semplice ma fluente.

Ascoltate e osservate: nella maggioranza dei casi ciò che i prof spiegano è quello che chiederanno nei compiti in classe o nelle interrogazioni.

Appuntatevi le domande fatte ai vostri compagni e, se le loro risposte non sono state adeguate, approfondite gli argomenti.

Trovate il metodo di studio più adatto a voi, siate testardi e ponitevi nuove sfide, e ricordatevi che il proprio stile si trova sperimentando!


<<Sembra essere impossibile,  finchè non viene fatto>>
Nelson Mandela


Dott. Fabio Nonis - Psicologo Psicoterapeuta in Roma
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